Frans Hals: Banchetto degli Ufficiali della Milizia Civica di S Adriano a Harlem (Banket van de officieren van de Cluveniersdoelen), 1627, 183×266,5, Frans Hals Museum, Harlem.
Questo dipinto si inserisce in un’ampia tradizione di ritratti di gruppo nell’Olanda del seicento. Ci sono alla base esigenze particolari che hanno richiesto l’esecuzione di questi ritratti di gruppo, e tra queste anche bisogni psicologici gruppali.
René Kaës ha condotto una ricerca su queste opere, partendo dall’ipotesi che questi ritratti esprimessero compiutamente l’idea di gruppo; in effetti è difficile non associarli immediatamente ad una rappresentazione sociale del gruppo in pittura.
Come premessa è interessante sottolineare l’ascesa in seno alla società olandese, nel ‘500- ‘600, di nuovi e vecchi “gruppi” sociali, che in altri paesi occupavano posizioni di minor importanza o in qualche caso quasi non esistevano, e che sentivano l’esigenza di essere legittimati e di sentirsi coesi. È questo il caso delle corporazioni (gilde), che in quel periodo erano molto diffuse; si può ipotizzare che queste corporazioni abbiano sentito l’esigenza di legittimare e difendere la posizione sociale acquisita, anche tramite la commissione di ritratti delle singole gilde, dando vita a delle efficaci rappresentazioni di gruppo che oltre ad agire sui “fruitori esterni” legittimando i gruppi effigiati, intervenivano anche sul processo gruppale del gruppo committente fornendo una “immagine specchio” in senso lacaniano. È di qualche interesse notare in proposito che ciascuno dei membri pagava una quota per farsi ritrarre nel gruppo.
Inoltre questi gruppi, a differenza dei gruppi di famiglia, sono tali non per una loro qualità intrinseca data a priori (legami di sangue), ma per la loro funzione sociale o per una comunanza di interessi e di attività, dei quali il ritratto simbolizza il legame; questo potrebbe spiegare il perché i ritratti di famiglia si trovano sempre presenti nella storia dell’arte, mentre i ritratti di gruppo, essendo come accennato legati ai contesti sociali, culturali e politici, risentono per la loro diffusione e importanza in una data società ed in una data epoca dell’influenza di questi fattori.
I ritratti delle guardie civiche fanno parte, insieme a quelli di amministratori e funzionari (consigli di amministrazione e gruppi di reggenti e rettrici) e dei medici (lezioni di anatomia), di un insieme di ritratti molto diffusi in olanda nel ‘600.
Già dal cinquecento le guardie civiche erano ritratte mentre tenevano banchetti o erano in parata. Frans Hals, eccelso ritrattista, si è dedicato ripetutamente nella sua vita artistica ai ritratti di gruppo, tra i quali parte importante occupano quelli delle guardie civiche.
Affinché questi ritratti di gruppo fossero efficaci, cioè avessero una funzione di costruzione e mantenimento di quel determinato gruppo, Hals si è trovato a risolvere un insieme di problemi. In un’ottica di dinamica di gruppo è interessante soffermarsi sulla situazione dell’esecutore del ritratto, che si ritrovava a dover mediare tra le esigenze del singolo componente che pagava la propria quota inerente alla commissione del ritratto e l’esigenza di rappresentare il gruppo come un insieme. L’artista si trovava a dover assegnare posti, non certo a caso e nemmeno seguendo pedissequamente le richieste dei singoli membri, come in una messa in scena, in una rappresentazione del gruppo che, secondo Kaës, è organizzata anche dai fantasmi originari, nei quali l’individuo non ha un determinato posto assegnato. Inoltre il pittore doveva riuscire ad esprimere quello che F. Corrao ha individuato nel concetto di “t-koinon”, cioè l’elemento comune del gruppo. Il risultato doveva in qualche modo indicare che cosa tenesse uniti questi soggetti, cosa avessero in comune, a cosa aspirassero e, più in generale, il loro status sociale, in quanto singoli e come parti del gruppo. Questi gruppi che si facevano ritrarre da Hals non avevano alla base del proprio status, come avveniva per la nobiltà ed il clero, un privilegio acquisito da secoli, sancito dalle leggi, dalle tradizioni e dall’investitura religiosa. In una società ad impronta calvinista, come quella olandese, dove l’ascesa sociale era considerata come un “segno” della benevolenza divina, l’effigie ha una specifica funzione di attestazione di legittimità. Hals ha affrontato e risolto efficacemente questi nodi problematici posti dai ritratti di gruppo. Hals in questo ritratto compone una simmetrica divisione in due sottogruppi, ciascuno dei quali occupa metà dello spazio pittorico. Questi due gruppi sono collegati tra loro dalle diagonali formate dallo stendardo sulla destra e dalle teste di alcuni personaggi sulla sinistra, che si incrociano al centro sotto la finestra nel gesto del locandiere che porge un bicchiere. I due sottogruppi sono riuniti in un tutto unico dalla figura con il cappello, seduta con un coltello in mano davanti ad un piatto pieno di aragoste: il capitano Gilles de Witt. Un portabandiera, il secondo da sinistra, con la mano sinistra priva del guanto porge un bicchiere vuoto e al rovescio al locandiere, cosa inusuale per il suo ruolo. Il colonnello indossa una fusciacca arancione di foggia diversa da quella degli altri; come negli altri ritratti, il colonnello è raffigurato seduto e con il bicchiere sollevato, al centro del gruppo di sinistra e mentre si rivolge con un gesto teatrale al portabandiera con il cappello in mano, alla sua sinistra. Anche qui si può individuare un “genius loci”, una figura carica di affettività e bonarietà, nel personaggio con la barba, magnificamente dipinto nel sottogruppo di sinistra, disposto sotto al braccio disteso del portabandiera che porge il bicchiere al contrario all’oste, colto mentre volge l’intera figura, con lo sguardo e la mano tesa verso il centro della tavola. E anche in questo ritratto parte fondamentale di “immagine marca” la svolgono le fusciacche indossate da tutti gli ufficiali ed i portabandiera, e gli stendardi.
Uno degli aspetti più interessanti dei ritratti di questo periodo è che i componenti del gruppo raffigurato sono tutti identificati con nome e cognome, come in una moderna fotografia di gruppo; si cerca così di rappresentare l’insieme senza che il singolo perda la sua identità. Anche se i personaggi sono impegnati in una relazione tra loro hanno la consapevolezza della presenza dello spettatore, qualcuno lo guarda esplicitamente.
L’espressione dei singoli personaggi è in relazione con la presenza degli altri membri del gruppo, cioè dell’essere nel gruppo. Se questi personaggi fossero ritratti singolarmente sarebbero resi in un atteggiamento diverso, con caratteristiche diverse: dubito ad esempio che l’ebbrezza alcolica evidente nei visi dei personaggi ritratti sarebbe apparsa in maniera così evidente nel caso di ritratti singoli.
Nei ritratti di banchetti rispetto alle parate si nota più coesione di gruppo, si può notare, ad esempio, che tutti sono composti da relativamente pochi elementi, gli ufficiali ed i portabandiera. Dei tre ritratti di banchetti eseguiti da Hals uno ha undici componenti, gli altri due, uno è quello che stiamo prendendo in considerazione, ne hanno dodici, numero facilmente associabile all’ultima cena di Gesù, che, come noto, Kaës e Anzieu considerano uno dei tre modelli di organizzatori socioculturali, quello di origine cristiana, della rappresentazione del gruppo
Da notare infine che questi banchetti si tenevano in occasione della remissione delle cariche; ci troviamo quindi di fronte a soggetti che tra poco non faranno più parte del gruppo nella realtà, in atto di incorporare e di incorporarsi per l’ultima volta, come appunto nell’ultima cena: in seguito potranno far parte del gruppo solo attraverso l’identificazione con l’immagine del banchetto ritratta dall’artista tramite la rappresentazione.
Marco Tramonte